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Gay & Bisex

Era una notte buia e tempestosa - 3


di adad
26.12.2018    |    4.992    |    3 9.6
"“Cristo!”, esclamò il giovane con ammirazione, impugnandolo subito con forza..."
Forse è meglio fare una pausa, mi dissi, sentendomi eccitato per le cose che andavo raccontando. E’ il rischio che si corre a scrivere storie porno, del resto. Ricordo le seghe che mi sparavo anni fa, anche due o tre al giorno!...
Andai in cucina e mi preparai un buon caffè, gustandomelo poi con tutta calma.
“Io non sono mai stato sposato!”, protestò Roberto, sollevando lo sguardo dal foglio che stava leggendo, quando mi sentì rientrare nello studio.
“Che ci fai qui?”, lo rimproverai.
“Volevo vedere come mi avevi messo nel racconto.”, fece lui innocentemente.
“Come? E che ne sapevi che ti ci avrei messo?”
“Amore… Te l’ho letto negli occhi!”
Sono così trasparente, che i pensieri mi si leggono, prima ancora che si formino nella mente?
“Non voglio che i miei racconti siano letti prima che li abbia finiti! Lo sai, fuori di qui!” , sbottai, facendo l’incazzato.
“Okay, okay, me ne vado…”, disse lui conciliante e si avviò alla porta.
“L’idea balorda della notte buia e tempestosa sei riuscito a risolverla bene, - disse prima di uscire – e mi piace pure come mi ci hai messo… Adesso sono curioso dei vedere come farai per portarmi a letto… nel racconto, intendo…”
Sorrisi.
“Lo saprai stasera, rompiscatole.”
Roberto mi mandò un bacio e aprì la porta.
“Secondo me, dovresti…”
“Lo scrittore sono io! – tagliai corto – Fuori di qui una buona volta!”
Lui uscì senza dir niente.
“E poi a te piace Mozart!”, mi urlò da fuori.
Mi tolsi una ciabatta e la scagliai verso la porta… Ma anche queste schermaglie facevano parte del nostro gioco amoroso. Mi rimisi al lavoro.

‘’Il povero Sandro cercava di darsi un contegno, ma i suoi occhi impenitenti continuavano a fissarsi sul candido triangolo di Roberto, così disinvoltamente e spudoratamente... ‘’
No, non mi piace
‘’così impudicamente…’’
meglio
‘’Il povero Sandro cercava di darsi un contegno, ma i suoi occhi impenitenti continuavano a fissarsi sul candido triangolo di Roberto, così impudicamente in bella mostra. Si sentiva rimescolare tutto al pensiero di quello che era celato sotto il tessuto candido…
Il fuoco scoppiettava nel camino e diffondeva intorno un gradevole tepore. Un’atmosfera regnava nella stanza resa ancor più confortevole e intima dall’imperversare esterno del temporale. Si sta proprio bene qui, pensò Sandro, posando sul tavolinetto il bicchiere vuoto del brandy e lanciando un’altra occhiata, che sperava inosservata, all’invitante visione che aveva di fronte.
“In questa stagione ci sono spesso temporali, - disse Roberto – ma questo mi sembra uno dei peggiori. Un altro po’ di brandy?”, e si alzò per andare a prendere la bottiglia.
Ma nel movimento, la cintura gli si sciolse del tutto e l’accappatoio si aprì, svelando ogni segreto: un fisico asciutto e snello, un paio di slippini bianchi, ridotti abbastanza da lasciar fuori un’ampia porzione dei riccioli bruni del pube, un ombelico sensualmente incavato, due sostanziose gambe tornite… non fece in tempo a soffermarsi sulla voluminosità del pacco, ma aveva già avuto modo di farsene un’idea prima. Seguì con gli occhi Roberto che si allontanava, l’accappatoio che ormai fluttuava sciolto, e si sentì salire un’ondata di rossore alle guance, mentre stringeva ancor più le cosce per impedire al suo cazzo duro di drizzarsi su.
Si impose di fissare il fuoco… fissò il fuoco… Poi se lo sentì vicino… sentì il calore che il suo corpo emanava, sentì il profumo buono della sua pelle…
Si volse a guardarlo. Roberto gli stava davanti, la bottiglia del brandy in mano,
l’accappatoio aperto… il suo corpo così seducentemente esposto… Il rigonfio era voluminoso, più di quanto gli fosse parso prima… ed era lì, giusto all’altezza dei suoi occhi… Sollevò la testa: Roberto lo stava fissando, senza dir niente.
Forse aspetta che gli passo il bicchiere, si rese conto di pensare Sandro e mosse la mano… Ma invece di andare verso il tavolo a prenderlo, la sua mano si sollevò… si avvicinò lentamente all’inguine di Roberto, carezzandogli con lasciva audacia l’involto voluttuoso in tutta la sua ampiezza. Era caldo al contatto e umido…
“Ti piace, allora…”, mormorò Roberto.
Sandro lo fissò senza rispondere.
“L’avevo capito da come mi guardavi, prima, ma non ne ero ancora sicuro…”, continuò Roberto e, deposta sul tavolo la bottiglia ormai inutile del brandy, poggiò la sua mano su quella di Sandro, premendosela forte all’inguine.
Sandro allungò l’altra mano a carezzargli una natica.
“Finalmente ti sei deciso… - sospirò l’altro – non sapevo più cosa fare…”
Poi Roberto si chinò, scostando le falde dell’accappatoio di Sandro e insinuandogli la mano fra le cosce. Sandro allentò la stretta e il suo cazzo balzò su turgido e scappellato.
“Cristo!”, esclamò il giovane con ammirazione, impugnandolo subito con forza.
Lo segò un paio di volte e alla fine gli si inginocchiò davanti e prese a leccarglielo, mugolando con avida bramosia. Sandro faceva fatica a credere a quanto stava avvenendo: quel ragazzone magnifico, quello stallone, era in ginocchio davanti a lui e glielo stava succhiando… e con che voglia!
Mentre Roberto lo sbocchinava, Sandro gli fece scivolare dalle spalle l’accappatoio, che si afflosciò a terra, lasciandolo nudo. A quel punto, gli tolse il suo cazzo dalla bocca e lo fece rialzare. Contemplò con vera emozione quel giovanottone che gli stava in piedi davanti, le cosce robuste leggermente divaricate, il pacco all’altezza dei suoi occhi… il glande roseo e bagnato oscenamente sgusciato fuori dall’elastico degli slip.
Sandro portò le mani ai fianchi di Roberto e lo avvicinò a sé, poi si accostò e prese fra le labbra il pomello viscido di bava. Lo succhiò e il suo mugolio di soddisfazione si fuse con quello di piacere. di Roberto.
Quindi, dal basso gli infilò le mani sotto gli slip e prese a impastargli le chiappe con foga ormai incontrollabile. Roberto gemeva e si dimenava, aggrappandoglisi forte alle spalle. Infine, Sandro gli tolse le mutandine, sfilandogliele dalle gambe e gettandole da una parte. Ora il cazzo di Roberto si protendeva fiero e poderoso, dritto verso le sue labbra e lui non esitò un momento a farsi scivolare in bocca il glande sugoso e iniziare a succhiarlo. Che buon sapore quella giovane, turgida carne, e quel sughetto fluente!
Ma l’altro era avido non meno di lui di un simile pasto, così con un gemito gli afferrò la testa lo allontanò; poi lo prese per mano e lo tirò verso il folto tappeto davanti al camino; lì si distesero a sessantanove e presero a cibarsi con ingordigia l’uno dell’altro. Si succhiarono voracemente, finché la panna cominciò a montare nei loro coglioni pressurizzati. Roberto fu il primo a venire: con un profondo gemito di gola, inarcò la schiena e contrasse il bacino, mentre a scatti il suo nerchio scaricava ondate di morbida crema nella bocca anelante di Sandro; il quale subito dopo gli restituì la cortesia, alimentandolo copiosamente col suo denso siero colloso.
Entrambi gustarono quanto di meglio l’altro gli offriva, poi si abbracciarono e si baciarono, mescolando nelle loro bocche i rispettivi sapori. Rimasero un pezzo avvinti strettamente, senza parlare, godendosi il tepore del fuoco e la dolcezza della loro intimità.
Poi, Roberto allungò la mano al cazzo di Sandro e lo trovò di nuovo duro. Sandro, in risposta, allungò la mano a carezzargli le chiappe levigate… Si fissarono negli occhi intensamente.
“Ti voglio.”, mormorò.
“Sì”, sospirò Roberto e, scioltosi dall’abbraccio, si pose in ginocchio, con la fronte poggiata a terra e il culo puntato per aria, pronto ad accoglierlo.
Sandro gli si accovacciò dietro, baciò e leccò la liscia rotondità di entrambi i globi carnosi, poi li aprì con le mani che gli tremavano e rimase ad ammirare il bocciolo d’un tenero incarnato, che pareva ammiccare verso di lui.
Lo guardò a lungo, infine con un fremito d’emozione ci poggiò sopra le labbra. Un sospiro profondo fu la risposta di Roberto. Sandro leccò a lungo il forellino contratto: era ancora vergine, non ne aveva alcun dubbio. Lo pungolò con la punta della lingua, ci scivolò dentro, lo riempì di saliva.
“Ti prego…”, gemette il giovane alla fine.
Sandro, allora, ci puntò sopra il glande rorido di umori e spinse dentro. L’affondo fu immediato, con tutto quel lubrificante, ma atroce fu il dolore che ne provò Roberto, per la prima volta violato.
Gli venne istintivo divincolarsi, ma Sandro lo tenne saldamente e proseguì la sua implacabile avanzata, sapendo che era quello l’unico modo per superare in fretta il disagio della penetrazione. E infatti, non era ancora del tutto dentro, che Roberto era già più calmo e fu con gemito di soddisfazione che accolse infine l’intero ingresso di Sandro nel suo stretto canale.
Quasi incredulo di essere riuscito ad accogliere un corpo così grosso nel suo minuscolo orifizio, il giovane si allungò la mano fra le gambe e si toccò il buco stirato, facendo il giro dell’intera circonferenza; poi afferrò le palle di Sandro e le tirò con foga verso di sé, mentre gli macinava leggermente contro con il bacino.
Sandro aspettò che il disagio passasse del tutto, quindi iniziò il pompaggio, lento all’inizio e con piccole vogate, più rapido poi, quando i gemiti di Roberto furono solo di piacere, e con vogate a tutto cazzo.
Era una situazione eccitante per entrambi e ben presto Sandro sentì le palle che gli si incordavano e una fiumana incandescente risalirgli fulmineamente il condotto del cazzo, dandogli appena il tempo di abbattersi con un grido strozzato sul culo dell’altro, prima che lo sperma gli schizzasse a scatti in rapida successione.
Roberto sentì le pulsazioni del nerchio eiaculante battergli sulla prostata e il piacere che ne derivò fu tale da provocargli delle vere contrazioni orgasmiche. Fu allora istintivo per lui afferrarsi l’uccello e masturbarsi, prolungando col suo stesso orgasmo, senza soluzione di continuità, il piacere che il suo inculatore gli aveva appena procurato.
Sandro aspettò che il cazzo gli si smollasse, poi lo tirò fuori e si stese sul tappeto, attirando a sé Roberto, stringendolo forte fra le braccia e baciandolo teneramente. Più tardi andarono a letto e fecero ancora l’amore, mentre la bufera andava via via placandosi all’esterno.
Si erano addormentati da poco, quando un raggio di sole dalla finestra li svegliò. Erano in camera di Roberto, sul suo letto disfatto.
“Buon giorno.”, fece Sandro con la voce ancora impastata di sonno.
“Ciao…”, ronfò Roberto, rannicchiandoglisi fra le braccia.
“Sono distrutto…”, mormorò Sandro
“Uhm… non dirlo a me… - mugolò l’altro, allungando la mano a prendergli l’uccello moscio e appiccicoso – Ho il culo a pezzi…”
“Poverino…”, lo coccolò Sandro, carezzandogli le chiappe e scivolando con le dita nello spacco tutto bagnato dalla sborra colata fuori dall’orifizio durante la notte.
“Non so se avrò la forza di alzarmi a prepararti un caffè…”
“Ti do una mano io, non preoccuparti.”
“Cosa ti hanno detto con esattezza quelli del soccorso stradale?”, chiese più tardi Sandro, mentre facevano colazione in cucina.
“Che soccorso stradale?...”, fece Roberto, che aveva ancora la testa rintronata.
“Scusa, ma non hai telefonato ieri sera per la mia macchina?”
“Ecco…”, balbettò l’altro, non sapendo cosa dire.
“Non hai telefonato? – si stupì Sandro – Ma se mi avevi detto… Perché?”
Roberto abbassò gli occhi, improvvisamente tristi.
“Non volevo che te ne andassi… - mormorò poi – e non sapevo come fare…”
A quelle parole, Sandro rimase come scioccato, poi sentì un calore misterioso diffonderglisi in tutto il corpo. Allungò la mano attraverso il tavolo e strinse quella di Roberto, tirandola a sé e portandosela alle labbra.
“Che stupido, - gli disse teneramente – bastava chiedermelo… Anzi, se vuoi resto qui ancora un po’: credo che quelli del soccorso stradale non arriveranno tanto presto, che ne dici?”
Roberto lo fissò con un’intensità che Sandro non avrebbe mai più dimenticato.
“Io vorrei che tu restassi per sempre!”, rispose.
“Non pensi che sia troppo presto per deciderlo già ora?”, gli chiese Sandro, stringendogli con più forza la mano.
Roberto allungò anche l’altra verso di lui.
“Forse, - rispose – ma perché dobbiamo porcene il problema? Se non cominciamo, non potremo saperlo mai… E’ una giornata così bella oggi…”
“Ok, - annuì Sandro, sorridendo e stringendogli anche l’altra mano – hai ragione… Se non cominciamo, non potremo saperlo mai…E’ una giornata veramente bella oggi!”’’

Rilessi le ultime parole: sì poteva andare. E’ importante chiudere con una bella frase ad effetto: spesso è quella che riesce a dare un tono a tutta la narrazione.
Naturalmente, c’erano aggiustamenti e correzioni da fare, ma ci avrei pensato passandolo al computer. Chiusi la vecchia stilografica e uscii sul balcone: avevo bisogno di respirare un po’ d’aria, dopo una giornata intera chiuso nello studio.
La sera era ormai scesa sulla città.
Sì, ero soddisfatto. Il racconto mi era venuto bene… Forse merito del soggetto, pensai. E in quel momento il “soggetto” si materializzò al mio fianco.
“A che punto sei?”, mi chiese, appoggiandosi coi gomiti alla ringhiera.
“E’ finito, - risposi – strano che non sei già andato a leggerlo.”
“Beh, me l’hai proibito tu di entrare nel tuo studio.”
“Che sciocco… Io non ti ho proibito di entrare nel mio studio, ma solo di leggere i racconti, finché non li ho finiti… E adesso è finito.”
Lui rimase in silenzio per un po’.
“Certe volte mi comporto come un cretino. – osservò poi in tono serio – Scusami…”
“Ma che ti prende stasera, - feci - la smetti di dire sciocchezze?”, e allungai una mano a carezzargli i capelli.
Fu allora che lui si voltò a guardarmi: aveva gli occhi colmi d’amore, di tenerezza, di passione.
“Senti. – mi chiese, e c’era una sorta di timidezza nella sua voce – andiamo a leggerlo insieme il tuo racconto, ti va?”
“Tu leggi, però, e io ti ascolto.”, risposi, passandogli un braccio sulla spalla e rientrando in casa.
Le macchine intanto ronfavano in strada, cinque piani più sotto, come una dolce cantilena.

Le macchine ronfavano in strada... Beh, anche questa è una bella frase ad effetto, non trovate?

(fine)
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